Basilica di sant'Ambrogio - Milano
Sant’Ambrogio. La regina
delle chiese milanesi.
Anche
i recenti lavori di ristrutturazione in zona con la creazione di un’isola
pedonale hanno contribuito a rendere il luogo ancora più affascinante e
tranquillo.
La Basilica di sant'Ambrogio è
tradizionalmente considerata per importanza la seconda chiesa della città di
Milano dopo il Duomo.
Sant'Ambrogio, uno dei simboli
della metropoli meneghina, è dedicata al Santo protettore della città, la cui
festa viene celebrata ogni anno il 7 Dicembre. All'interno della Basilica sono
custoditi preziosi reperti ed opere d'arte che documentano circa 1600 anni di
storia della città.
Sotto il portico si trova
l’ingresso al tesoro di S. Ambrogio, che raccoglie cimeli della storia della
basilica: oreficerie, tessuti, arazzi, marmi, stucchi, mosaici, frammenti
lignei e dipinti.
Il complesso è assai articolato ed
è costituito da: basilica di tipo ambrosiano, tripartita, che rappresenta il
prototipo delle basiliche paleocristiane padane e poi romaniche (longitudinale,
volte a crociera sostenute da pilastri con capitelli decorati ed archi a tutto
sesto) e due campanili.Il Monastero è a più chiostri, la canonica con edifici
intorno al portico e la chiesa di S. Sigismondo.
Oltre alle bellezze del
complesso due reperti curiosi valgono la pena di essere visti: il cosiddetto
“serpente di Mosè”, scultura bronzea posto in cima alla colonna di granito
nell’atrio e nella piazza, sul lato
sinistro rispetto alla basilica, esternamente alla recinzione, è presente una
colonna, comunemente detta "la colonna del diavolo". Si tratta di una
colonna di epoca romana, qui trasportata da altro luogo, che presenta due fori,
oggetto di una leggenda secondo la quale la colonna fu testimone di una lotta
tra sant'Ambrogio ed il demonio.
Insomma, un complesso da
visitare: fà bene allo spirito e aiuta a capire la storia di Milano.
Come sempre, a seguire, approfondimenti sul luogo
tratti dalla rete:
“Basilica di
Sant'Ambrogio
La basilica di Sant'Ambrogio, il cui nome completo
è basilica romana minore collegiata abbaziale prepositurale di Sant'Ambrogio, è
una delle più antiche chiese di Milano e si trova in Piazza Sant'Ambrogio. Essa
rappresenta ad oggi non solo un monumento dell'epoca paleocristiana e
medioevale, ma anche un punto fondamentale della storia milanese e della chiesa
ambrosiana. Essa è tradizionalmente considerata la seconda chiesa per
importanza della città di Milano.
Storia
Edificata tra il 379 e il 386 per volere del
vescovo di Milano Ambrogio, fu costruita in una zona in cui erano stati sepolti
i cristiani martirizzati dalle persecuzioni romane. Per questo venne dedicata
ai martiri ed era chiamata Basilica Martyrum: lo stesso Ambrogio voleva riporvi
tutte le reliquie dei santi martiri Vittore, Nabore, Vitale, Felice, Valeria,
Gervasio e Protasio. Sant'Ambrogio stesso vi venne sepolto e da allora cambiò
nome, assumendo quello attuale.
Nel IX secolo, subì importanti ristrutturazioni
volute dal vescovo Angilberto II (824-860), il quale fece aggiungere la grande
abside, preceduta da un ambiente sovrastato da volta a botte, sotto il quale si
svolgevano le funzioni liturgiche. Nello stesso periodo, il catino dell'abside
venne decorato da un grande mosaico ancora esistente, il Redentore in trono tra
i martiri Protasio e Gervasio e con gli arcangeli Michele e Gabriele, corredato
da due episodi della vita di Sant'Ambrogio.
Al ciborio, di epoca ottoniana, vennero aggiunti
quattro fastigi con timpano, decorati con stucchi nel X secolo ed ancora
eccellentemente conservati. Sotto il ciborio venne collocato l'Altare di
Sant'Ambrogio, capolavoro dell'oreficeria carolingia, in oro, argento, dorato,
pietre preziose e smalti, quale vistoso segnale della presenza delle reliquie
dei santi, collocate al di sotto dell'altare stesso e visibili da una
finestrella sul lato posteriore.
La basilica ha preso il definitivo aspetto tra il
1088 e il 1099, quando, sulla spinta del vescovo Anselmo, venne radicalmente
ricostruita secondo schemi dell'architettura romanica. Venne mantenuto
l'impianto a tre navate (senza transetto) e tre absidi corrispondenti, oltre al
quadriportico, anche se ormai non serviva più a ospitare i catecumeni, ma come
luogo di riunione.
Il tiburio fu aggiunto verso la fine del XII secolo
ma crollò ben presto (6 luglio 1196): venne subito ricostruito, con la
particolare conformazione esterna caratterizzata da gallerie con archetti su
due registri sovrapposti.
Il 4 agosto del 1258, divenne teatro della Pace di
Sant'Ambrogio, che pose fine alle lotte intestine del Comune di Milano tra
nobili (Commune militum) e popolo (Commune populi).
Inizialmente furono i Benedettini ad occuparsi
dell'amministrazione della basilica e fu per loro conto che Donato Bramante nel
1492 ottenne l'incarico di progettare la nuova canonica, ricostruendo alcune
parti del monastero e risistemando la disposizione delle cappelle nella chiesa.
I Benedettini rimasero sino al 1497 quando vennero sostituiti dai Cistercensi
dell'abbazia milanese di Chiaravalle che promossero numerose iniziative
culturali come ad esempio l'apertura al pubblico della grande biblioteca
monastica.
La situazione rimase pressoché invariata sino al
1799 quando, dopo i fermenti della Rivoluzione Francese, la Repubblica
Cisalpina decise di sopprimere il capitolo della basilica ed instaurarvi un
ospedale militare. Al termine della dominazione napoleonica e con la
restaurazione austriaca, la chiesa venne riaperta al culto ed il capitolo dei
canonici venne ripristinato.
La chiesa venne pesantemente colpita dai
bombardamenti anglo-americani del 1943 che distrussero soprattutto la parte
esterna del portico, danneggiando la cupola della basilica, il mosaico alle spalle
dell'altare ed altre parti esterne della chiesa. Negli anni successivi ebbero
inizio i restauri che negli anni '50 riportarono la basilica al suo antico
splendore.
Le ricerche archeologiche, collegate ai lavori di
scavo per la costruzione di un parcheggio sotterraneo, nell'area accanto alla
basilica, iniziate a partire dal 2005 hanno permesso la scoperta di una
novantina di tombe riconducibili al cimitero dei martiri, posto al di fuori
delle mura romane, di età tardo romana (IV - V secolo d.C.), ritrovate a circa
3.5-4.0 metri di profondità; si tratta di sepolture povere, senza corredo o
strutture tombali, segnalate dalla presenza delle ossa
Architettura
Il materiale di costruzione è povero
(principalmente mattoni di diversi colori, pietra e intonaco bianco) e la
provenienza è locale: con esso si costruiscono anche gli edifici che costellano
la campagna dei dintorni.
Rispetto alla chiesa originale, la nuova ereditò
scrupolosamente la pianta: tre navate absidate con quadriportico antistante. La
pianta interna della basilica è longitudinale e (se si escludono le absidi) ha
le stesse dimensioni del portico antistante.
La Basilica di Sant'Ambrogio appare oggi come un
caso isolato di modello per il romanico lombardo, poiché altri esempi uguali
(come le cattedrali di Pavia, di Novara e di Vercelli) sono ormai andati
distrutti o radicalmente trasformati. Di sicuro fu un esempio per i futuri
sviluppi dell'architettura romanica nell'area di influenza lombarda che allora
superava i confini regionali odierni, comprendendo anche parti dell'Emilia e
del Piemonte.
Pur legata alla tradizione della basilica del IV
secolo su cui è stata costruita, Sant'Ambrogio è l'espressione di un intenso
rinnovamento architettonico, soprattutto nella concezione dell'illuminazione e
dello spazio. Da un lato, infatti, la luce proviene principalmente dai
finestroni della facciata (mentre i matronei ne bloccano il passaggio
laterale), il che determina un suo ingresso longitudinale. L'effetto che ne
deriva è l'accentuazione delle masse strutturali, soprattutto al fondo, dove
maggiore è l'ombra. D'altro canto, lo spazio non è più concepito al modo
paleocristiano, in modo unitario e mistico, ma umano e razionale: di qui, la
divisione in spazi geometrici ben definiti, nonché l'esaltazione degli elementi
statici (pilastri polistili), tanto all'esterno (le ghiere bicrome del
quadriportico e i contrafforti che fuoriescono dalle pareti esterne) quanto
all'interno (la differenziazione cromatica degli elementi statici da quelli non
statici).
La facciata, a capanna è larga e schiacciata,
tipica anche dei casali di campagna. Presenta due logge sovrapposte. Quella
inferiore ha tre arcate uguali e si ricongiunge con il perimetro interno del
portico, pur avendo questo arcate leggermente più alte, ma in maniera visibile,
mentre quella superiore ha cinque arcate che scalano in altezza assecondando il
profilo degli spioventi. Presenta anche degli archetti pensili, cioè file di
piccoli archi a tutto sesto che "ricamano" la cornice marcapiano e
gli spioventi.
Il quadriportico, cioè il cortile porticato su
quattro lati antistante la chiesa, aveva un tempo la funzione di raccogliere i
catecumeni al cospetto della chiesa. Tuttavia, dai primi anni dell'XI secolo i
fedeli venivano ormai battezzati fin dalla nascita, e per questo il suddetto
spazio perse la sua funzione originale assumendo un ruolo nuovo, come scoperto
dove si radunavano le persone per discutere e ragionare, per assemblee
religiose o civili. Dalla loggia superiore della facciata il vescovo dava la
sua benedizione ai cittadini, mentre le cariche pubbliche potevano interloquire
con la folla.
Vi sono presenti eleganti arcate sostenute da
pilastri fiancheggiati da semicolonne. Tutte le membrature del portico sono ben
evidenziate, anche coloristicamente. Le arcate hanno doppia ghiera, le cornici
sono sorrette da archetti pensili analoghi a quelli della facciata, mentre
sottili lesene si profilano sulle superfici superiori, dividendole con
regolarità.
Nella decorazione dei capitelli sono combinati
elementi pre-romanici (come i motivi a intreccio) a soggetti più originali come
rappresentazioni di animali o elementi vegetali, con un accentuato senso del
volume. Spesso, sull'angolo del capitello è raffigurata una sola testa, dalla
quale escono poi due corpi sui rispettivi lati.
Sotto il nartece, tra il portale centrale e il
portale della navata di sinistra, si trova il sarcofago di Pier Candido
Decembrio, del XV secolo.
I campanili
Il campanile di destra, detto dei monaci, risale
all'VIII secolo e ha l'aspetto austero tipico delle torri di difesa. Quello di
sinistra, detto dei canonici, è più alto e risale al 1144. La sua ideazione è
probabilmente da attribuire allo stesso architetto che ha progettato la basilica,
poiché riprende in verticale gli stessi concetti del quadriportico, mentre gli
ultimi due piani sono stati aggiunti solo nel 1889, nella cella è conservato un
pregevole concerto campanario di 5 bronzi in tono di Do3 maggiore crescente,
fusi nel 1755 dal milanese Bartolomeo Bozzi. I due campanili sono uno degli
omaggi più riconoscibili in Italia allo stile transalpino delle doppie torri
scalari in facciata, derivato dal Westwerk carolingio.
Concerto del Campanile dei Canonici:
La
campana minore suona un Sol3 crescente ed è stata fusa nel 1755 da Bartolomeo
Bozzi (il suo diametro è di 935 mm)
La
seconda campana suona un Fa3 crescente ed è stata fusa nel 1755 da Bartolomeo
Bozzi (il suo diametro è di 1052 mm)
La terza
campana suona un Mi3 crescente ed è stata fusa nel 1755 da Bartolomeo Bozzi (il
suo diametro è di 1115 mm)
La quarta
campana suona un Re3 crescente ed è stata fusa nel 1755 da Bartolomeo Bozzi (il
suo diametro è di 1253 mm)
Il
campanone suona un Do3 crescente ed è stato fusa nel 1755 da Bartolomeo Bozzi
(il suo diametro è di 1408 mm)
Sul Campanile dei Monaci è presente una campana
fusa nel 1582 (nota Sol3, diametro 956 mm) che suona ogni venerdì alle 3 per
l'Agonia del Signore.
L'interno venne strutturato secondo le più avanzate
novità d'Oltralpe, con l'uso di volte a crociera a costoloni, nelle quali ogni
elemento confluisce in una struttura portante apposita, con un'architettura
rigorosa e coerente. In sostanza, ogni arco delle volte poggia su un
semipilastro o una semicolonna propria, poi raggruppati nel pilastro a fascio,
la cui sezione orizzontale non è quindi casuale, ma legata strettamente alla
struttura dell'alzato. Le volte delle navate laterali, con campate di
dimensioni pari alla metà del lato di una campata nella navata centrale,
poggiano su pilastri minori e reggono i matronei. Questi ultimi occupano tutto
lo spazio eventualmente disponibile per il cleristorio: lo sviluppo in altezza
ne risulta bloccato ma, coerentemente con lo sviluppo complessivo, la luce si
tende lungo l'asse maggiore (la stessa forma plastica dei pilastri polistili è
subordinata a questa illuminazione bassa) e passa dalle finestre della facciata
(qui, peraltro, filtrata dalle logge) e dal tiburio (come detto, successivo).
Complessivamente, la luce non risulta diffusa e
leggera come nelle chiese paleocristiane ma scarsa, spezzata e fortemente
contrastata, la quale non risulta contraddetta neppure dall'aggiunta del
tiburio, il quale si limita ad illuminare il cerchio ad esso sottostante. Nella
terza campata, sul lato sinistro, vi è il pulpito, ricostruito nel XII secolo
con gli elementi di quello precedente, del IX secolo, e sorretto da colonne con
capitelli finemente scolpiti.
In corrispondenza del tiburio, nell'ultima campata
della navata centrale, si trova il presbiterio con, al centro, l'altare
maggiore, realizzato tra l'824 e l'859 da Vuolvino, con prezioso paliotto aureo
in rilievo con pietre incastonate su tutti e quattro i lati. L'altare è
sormontato dal ciborio[4] coevo, commissionato dall'arcivescovo di Milano
Angilberto II, dal quale prende il nome. Esso poggia su quattro colonne in
porfido rosso e presenta, sulle quattro facce, bassorilievi raffiguranti Cristo
dà il mandato a Pietro e Paolo (lato anteriore), Sant'Ambrogio omaggiato da due
monaci alla presenza dei Santi Gervaso e Protaso (lato posteriore), San
Benedetto omaggiato da due monaci (lato sinistro) e Santa Scolastica omaggiata
da due monache (lato destro).
Nel catino absidale, si trova un mosaico,
ricostruito dopo la seconda guerra mondiale riutilizzando i resti di quello
precedente distrutto dalle bombe, risalente al IV secolo ma più volte
modificato entro il IX secolo. Al centro vi è il Pantocratore tra i santi
Gervaso e Protaso e, ai lati, scene della vita di Sant'Ambrogio.
Sacello di San Vittore
in Ciel d'Oro
Una delle opere d'arte paleocristiana più
conosciute e sicuramente di alto valore artistico a Milano è indubbiamente il
sacello di San Vittore in Ciel d'Oro.
La piccola cappella ancora oggi visibile venne
costruita nel IV secolo dal vescovo Materno per riporvi le spoglie del martire
Vittore. Qui, secondo la tradizione, sant'Ambrogio attorno al 375 avrebbe posto
la salma del fratello Satiro, premortogli. Con la successiva santificazione di
Satiro, il piccolo sacello si trasformò sempre più in una piccola chiesa
dedicata al suo culto e venne inglobata definitivamente nella Basilica
ambrosiana solo nel '400.
La rilevanza e la fama artistica di questo ambiente
derivano dalla splendida decorazione a mosaico presente sulle pareti e sul
soffitto del sacello che risale al V secolo e che raffigura sant'Ambrogio, san
Gervaso, san Protaso e san Materno. Per quanto riguarda sant'Ambrogio, quello
qui presente è uno dei più antichi ritratti conosciuti del vescovo milanese e
come tale esso è considerato il più realistico perché vicino temporalmente
all'originale.
Cripta
L'attuale cripta, ipogea rispetto all'altare
maggiore, venne costruita nella seconda metà del X secolo, durante i lavori di
risistemazione dell'area absidale della basilica per meglio accogliere le
spoglie dei santi che qui ancora oggi sono venerati: Ambrogio, Gervaso e
Protaso.
La cripta con i corpi dei santi Ambrogio, Gervaso e
Protaso
Tracce di una cripta nella basilica sono
riconducibili già all'epoca di Sant'Ambrogio in quanto si sa che fu lo stesso
santo milanese nel 386 a prelevare i corpi di San Gervaso e San Protaso dalla
loro originaria sepoltura e a tumularli solennemente sotto l'altare della nuova
basilica, in un sarcofago di marmi pregiati che egli aveva disposto già per la
propria sepoltura. I martiri Gervaso e Protaso erano stati sepolti
originariamente nel vicino sacello dei santi Felice e Nabore, all'interno del
"cimitero ad martyres", sul suolo che sarà poi occupato dalla chiesa
di San Francesco grande poi demolita nel XVIII secolo.
Quando sant'Ambrogio morì nel 397 egli stesso venne
sepolto di fianco ai due martiri, in una tomba separata, sia perché già in vita
aveva goduto di acclarata santità, sia per sottolineare la sua vicinanza ai due
santi ai quali egli aveva ridato degna sepoltura.
Delle reliquie si perse in seguito traccia e solo
nel IX secolo l’arcivescovo Angilberto II individuò e riconobbe le reliquie e
le traslò in un unico sarcofago di porfido, che venne appoggiato sopra le due
sepolture precedenti ma con un differente orientamento, anche a seguito degli
sviluppi strutturali della basilica.
L’aspetto attuale della cripta è dovuto agli
interventi del XVIII secolo promossi dal cardinale Benedetto Erba Odescalchi,
arcivescovo milanese, e da quelli ottocenteschi che seguirono al ritrovamento
dell'antico sarcofago ed alla ricollocazione dei corpi di Sant’Ambrogio, San
Gervaso e San Protaso, all'interno di un vano ricavato sotto il ciborio, dove
si trova un'urna d'argento con i corpi dei santi, eseguita nel 1897 da Giovanni
Lomazzi su progetto di Ippolito Marchetti.
Sul pavimento della cripta si trova anche una
lapide che ricorda il luogo ove originariamente si trovava sepolta santa Marcellina,
sorella di Ambrogio le cui spoglie riconosciute dal cardinale Odescalchi nel
1722, vennero traslate in una cappella della navata destra appositamente
dedicata.
Organo a canne
L'organo a canne della basilica di Sant'Ambrogio è
stato costruito nel 1951 dalla ditta organaria milanese Balbiani-Vegezzi Bossi.
Lo strumento è a trasmissione integralmente
elettrica ed è diviso in tre corpi distinti:
il
Positivo Espressivo e il Pedale si trovano nella sesta campata del matroneo di
sinistra;
il
Grand'Organo Espressivo si trova nell'ottava campata del matroneo di sinistra;
l'Espressivo si trova nella settima campata del matroneo di destra.
La consolle, indipendente, si trova nella settima
campata del matroneo di sinistra ed ha tre tastiere di 61 note ciascuna e
pedaliera concavo-radiale di 32.
Leggende e tradizioni
Nella
piazza, sul lato sinistro rispetto alla basilica, esternamente alla recinzione,
è presente una colonna, comunemente detta "la colonna del diavolo".
Si tratta di una colonna di epoca romana, qui trasportata da altro luogo, che
presenta due fori, oggetto di una leggenda secondo la quale la colonna fu
testimone di una lotta tra sant'Ambrogio ed il demonio. Il maligno cercando di
trafiggere il santo con le corna finì invece per conficcarle nella colonna.
Dopo aver tentato a lungo di divincolarsi, il demonio riuscì a liberarsi e,
spaventato, fuggì. La tradizione popolare vuole che i fori odorino di zolfo e che
appoggiando l'orecchio alla pietra si possano sentire i suoni dell'inferno. In
realtà questa colonna veniva usata per l'incoronazione degli imperatori
germanici. Secondo quanto narra Galvano Fiamma, essi giuravano sul messale,
ricevevano la corona ferrea e poi abbracciavano questa colonna: "Quando il
re dei Romani vuole ricevere la corona del regno italico nella basilica
Ambrosiana, l'Imperatore deve andare prima presso la colonna di marmo che sorge
presso la basilica Ambrosiana stessa, e uno dei conti di Angera deve presentare
all'Imperatore un messale. L'Imperatore giurerà che sarà obbediente al Papa e
alla Chiesa Romana nelle cose temporali e spirituali... Quindi l'Arcivescovo o
l'Abate di S.Ambrogio deve incoronarlo con la corona ferrea come Re d'Italia.
Ciò fatto l'Imperatore deve abbracciare quella colonna dritta di marmo per
significare che la giustizia in lui sarà diritta..."
Il serpente di Mosè
Su una
colonna di granito antico-romana all'interno della Basilica, poggia il Serpente
di Mosè, che scappò all'ira iconoclasta del re Ezechia. È una scultura in
bronzo (in passato creduta quella originaria di Mosè) donata dall'imperatore
Basilio II nel 1007. Al serpente si indirizzano preghiere per scacciare alcuni
tipi di malanni e si dice che la fine del mondo verrà preannunciata dalla sua
discesa da questa colonna sulla quale è accoccolato.
Davanti
alla basilica, dal 1866, ogni anno si svolge il mercatino delle pulci chiamato
la Fiera degli Oh bej! Oh bej! dalle grida dei venditori. Si tiene dal 7
dicembre, giorno del santo patrono, alla domenica successiva, compatibilmente
col ponte festivo. Nel 2006 è stato spostato dal Comune nei pressi del Castello Sforzesco.”
Basilica di sant'Ambrogio
piazza S. Ambrogio 15
Milano
Tel. 02.864.508.95
Visitato in diverse occasioni, immagini del 20/07/2014 e 2015
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