Museo del Castello Sforzesco - Milano
Una “full immersion” nella storia.
Complice
il tempo incerto e la concomitanza con la prima domenica del mese con accesso
gratuito in gran parte dei Musei cittadini, ci accingiamo a visitare il Museo
del Castello.
La
visita ai Musei del Castello si apre con il passaggio attraverso un portale
denominato Pusterla Urbica, ricomposto qui coi pezzi che formavano l'arco lato
campagna dell'antica Pusterla dei Fabbri, demolita nel corso del 1900.
Sala I o sala della Cancelleria.
Nella
prima sala del Museo vi sono numerose testimonianze paleocristiane provenienti
da svariate chiese milanesi oggi non più esistenti. Tra i resti presenti nella
sala si possono ammirare le due basi di colonna del IV secolo, facenti parte
della Basilica Nova; i frammenti dell'affresco sulla Tomba di Magnifredo, del
IX-X secolo; il mosaico pavimentale del IV secolo; il sarcofago con incisi i
simboli cristiani, un altro sarcofago da cui provengono i frammenti
raffiguranti la filosofia e la musica. Oltre alle testimonianze artistiche
classico-romane vi sono anche quelle longobarde, popolazioni barbariche del
Medioevo caratterizzate dal decorativismo abbondantemente espresso da una serie
di lastre marmoree come il frammento ornato con la mano di Dio e due musi di
animale; il frammento di lastra dell'VIII secolo; la vasca del XII secolo con
la sua ordinata decorazione con fogliette e intrecci di nastri a nervature.
Nella
stessa sala si trovano anche alcuni resti della tradizione bizantina come la
testa dell'imperatrice Teodora, databile intorno al VI secolo. Infine sono
presenti anche una serie di epigrafi, tutti risalenti al VII secolo, come
lepigrafe di Aldone, lepigrafe di Domenico, e molto altro.
Sale II e III – Arte romanica in Lombardia e la scultura Campionese.
Le
sale sono dedicate alla scultura romanica e gotica Lombarda. All'interno si
possono trovare opere databili tra il X e il XIV secolo, precedute da un raro
esempio di scultura figurativa alto medievale: il Telamone del VI-VII secolo.
La diffusione del romanico lombardo raggiunge l'apice con le maestranze
campionesi, scultori e architetti provenienti dalla zona di Campione. In questo
gruppo le poche figure artistiche di spicco sono Ugo da Campione, Matteo da
Campione, e Bonino da Campione, del quale si può ammirare in questa sala una
delle opere migliori: il Monumento sepolcrale di Bernabò Visconti. Altra opera
di rilievo è il Monumento sepolcrale di Regina della Scala a fianco a quella
del marito Bernabò Visconti. Di autore ignoto sono il frontale di sarcofago con
Madonna col Bambino, guerriero e Santi, da ammirare per la ricchezza di
particolari; il rilievo con San Paolo, San Lorenzo e Santo Stefano e, infine,
il frontale di sarcofago con la Madonna, il Bambino, alcuni Santi e una Monaca.
Per
quanto riguarda il gruppo di Statue votive proveniente da Porta Ticinese, la
statua raffigurante San Pietro martire sarebbe attribuibile a Giovanni di
Balduccio, figura di grande rilievo nella Lombardia del tempo: a lui si deve,
infatti, la diffusione dell'arte gotica a Milano. Divise in tre gruppi, le
Statue votive raffigurano personaggi religiosi come la Madonna col Bambino,
Sant'Ambrogio, San Lorenzo e Papa Celestino V, provenienti non solo da Porta
Ticinese, ma anche da Porta Orientale e da Porta Comasina. Nella terza sala
troviamo esposta anche una stupenda Mandorla, originariamente decorativa di una
finestra, che mostra da un lato l'immagine del Cristo Redentore e dall'altra
l'Assunta. Questo frammento reca ancora delle tracce di policromia, influenza
della scultura gotica. Sul pavimento vi sono due lastre tombali, l'una di
Bianca di Savoia e l'altra, proveniente dalla Chiesa di San Francesco al Prato
di Parma, riportante l'effigie di Antonello Arcimboldi.
Sala IV – Influssi toscani nella scultura lombarda.
La
sala IV del Museo ospita alcune fra le più significative opere di Giovanni di
Balduccio, celebre scultore toscano del '300. Tra le opere presenti in questa
sala spicca, per dimensioni ed importanza, il Mausoleo di Franchino Rusca. Esso
fu realizzato dopo il 1339, anno della morte di Rusca, che sarebbe dovuto
comparire nell'opera adagiato sopra la lastra al di sotto dei due angeli.
L'opera è una pregevole testimonianza di arte gotica, assai ben conservata, che
richiama nello stile e nell'impostazione i contemporanei monumenti funebri
toscani.
Lo
stemma affrescato del re di Spagna Filippo II e della moglie Maria Tudor
(1555), una delle rare testimonianze della presenza spagnola al Castello,
sovrasta la sala che illustra l'incontro e le reciproche influenze tra la
scultura toscana e quella lombarda nel corso del XIV secolo. Nella stanza è
conservata inoltre un'Annunciazione frammentaria, in origine affrescata
sull'arco trionfale della Chiesa di San Giovanni in Conca, dalla quale provengono
anche gli affreschi trecenteschi esposti nelle sale 2 e 3. Documentata in
questa sala, è anche la facciata della perduta Chiesa di Santa Maria in Brera,
sempre ad opera dello scultore italiano Giovanni di Balduccio, di cui restano
soltanto pochi frammenti architettonici e decorativi. Su di essi è ancora
possibile leggere l'iscrizione che attesta la data (1347) e la firma dello
scultore. Il maestro toscano lavorò, subito dopo il suo arrivo a Milano, ad
un'opera ordinatagli dai Visconti: lo attestano alcuni Frammenti rinvenuti nel
1943, nei pressi della Chiesa di Santa Tecla, che hanno sede in questa sezione
del Museo. Dal sepolcro di Azzone Visconti, cui Balduccio doveva la sua fortuna
milanese, proviene la Madonna col Bambino. Il sepolcro fu commissionato da
Luchino e Giovanni Visconti per essere inserito nella corte della Chiesa di San
Gottardo in Corte. Nella sala, inoltre, sono presenti due Pietà: la Pietà di
Castelseprio, che è ascrivibile ad un maestro campionese e che sembra essere
rappresentativa di un pathos nuovo, sintesi perfetta tra la tradizione lombarda
e i nuovi influssi gotici caratterizzati da ritmi sinuosi e naturalistici e
l'altra Pietà, proveniente dalla facciata di Santa Maria di Brera, nella quale
forse si nota maggiormente un rinnovamento delle forme e degli schemi
decorativi.
Sala V o cappelletta.
La
volumetria di questa sala è stata recuperata da Luca Beltrami nel corso dei
restauri della fine dell'Ottocento e riunisce interessanti opere sacre del XIV
e del XV secolo sotto una piccola volta affrescata con putti attribuita a
Callisto Piazza. L'opera più importante della sala è il Crocefisso ligneo,
databile tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo e prodotto in Italia
settentrionale, caratteristico per il volto tirato in una smorfia dolente. Alle
pareti vi sono lunette affrescate con stemmi gentilizi delle famiglie Alvarez,
Figueroa e Pimentel, alle quali appartennero governatori della città e
castellani. Sulla parete destra, verso la finestra, si osserva il capitello per
colonnine binate, in marmo, risalente alla fine del XIII secolo: esso
rappresenta teste di caprone contrapposte e una mezza figura umana
incappucciata. Appartenente a una scuola inglese del XIV secolo è il
bassorilievo collocato sulla parete a sinistra, raffigurante il bacio di Giuda
(1888), in alabastro, opera trecentesca di scuola inglese e dono di Luca
Beltrami e proveniente dalla demolita cappella della Rocchetta di Porta Romana.
Al centro della sala, nella superficie del pavimento, è inserita la Lapide tombale
di Giovanni Lanfranchi, Podestà di Milano nel 1322. Nel corridoio d' ingresso
alla sala è collocata la lastra raffigurante un Poeta laureato, dono del conte
Gian Giacomo Poldi Pezzoli. Essa reca, all'interno di una cornice polilobata,
il ritratto di profilo di un giovane coronato d' alloro. Nella nicchia posta
nella parete di fondo della sala è inserita una Madonna col bambino, in
terracotta policroma, con Angeli e Santi, opera artigianale del XV secolo.
Inserite nella finestra che si affaccia sulla Corte Ducale, si trovano cinque
vetrate di piccole dimensioni di provenienza svizzera e tedesca. Gli elementi
che le compongono non sono pertinenti tra loro, ma probabilmente furono
accostate in seguito: stemmi sei/settecenteschi, il Giudizio di Salomone, la Resurrezione
e la Madonna col bambino tra San Giovanni Battista e San Martino.
Sala VI o sala della Cancelleria – Memorie storiche della Milano
medievale.
La
sala della Cancelleria contiene sculture che rappresentano la vita civile di
Milano nel periodo del basso medioevo. Sulla parete di sinistra si trova una
lastra con i simboli degli evangelisti (prima metà del XII secolo), proveniente
dalla Chiesa di Santa Maria Beltrade, abbattuta nel 1926 durante i lavori di
sistemazione dell'omonima piazza, lungo via Torino. La composizione è molto
semplice, basata sulle rappresentazioni speculari del bue, che rappresenta San
Luca, e dell'angelo, San Matteo; a sinistra troviamo l'aquila che rappresenta
San Giovanni, e il leone a destra, San Marco.
Di
grande rilevanza sono i fregi figurati presenti sulla Porta Romana (medievale,
Milano) (il più importante ingresso della città demolito nel 1793), montati su
due strutture murarie che riproducono, in dimensioni minori, la loro originaria
sistemazione sulla porta medievale. I rilievi sulla parete sinistra della sala
commemorano il solenne rientro dei milanesi in città dopo la distruzione
operata da Federico Barbarossa. Su questi sono presenti le firme dei lapicidi
Anselmo e Gerardo. I rilievi di destra ricordano la cacciata degli Ariani ad
opera di Sant'Ambrogio. Il rilievo collocato sulla parete riguardante la figura
femminile impudica ha funzione apotropaica e proviene dalla fronte esterna di
Porta Vittoria. Un altro rilievo di grande significato è quello che rappresenta
la processione dell'immagine devota dell'Idea, proveniente anch'esso dalla
Chiesa di Santa Maria Beltrade. Posto sulla parete di sinistra si trova un
tabernacolo votivo con Sant'Ambrogio, raffigurato seduto in atto di benedire
con la mitra e il pastorale, attributi della sua carica episcopale. Sulla
parete destra è collocata una lastra con lo stemma dei Torriani (XIII secolo),
proveniente da Chiaravalle, raffigurante una torre coronata da merli ghibellini
con un robusto portale e due ordini di finestre. All'interno della sala si
trovano quattro busti di santi entro mandorle.
Sala VII o sala del Gonfalone – La scultura tra il XVI e il XVIII
secolo e gli arazzi.
La
sala, un tempo un ambiente di rappresentanza del Comune di Milano, è ora
dedicata prevalentemente agli arazzi ed è dominata dalla presenza del Gonfalone
cinquecentesco, l'arazzo al centro della sala. Nel 1565 fu affidato l'incarico
per l'esecuzione dell'opera ai ricamatori Scipione Delfinone e Camillo
Pusterla. Dal punto di vista compositivo, il Gonfalone riproduce un arco di
trionfo sotto il quale si trova Sant'Ambrogio, raffigurato con lo staffile e il
pastorale, ai cui piedi stanno due soldati riversi. L'arco a tutto sesto
presenta sui due lati quattro episodi della vita del Santo. Entro una cornice
ovale, alla sommità dell'arco, è raffigurata la Fede, come una figura femminile
seduta accanto alle tavole della Legge, che porta il calice e la croce. Nei
pennacchi sono raffigurati i Santi Gervasio e Protasio, i martiri ritrovati da
Ambrogio e con lui sepolti sotto l'altare della basilica ambrosiana. Alle
spalle di Ambrogio, sotto un cielo stellato, vi è un edificio, evidente
riferimento alla Chiesa.
Lungo
le pareti sono appesi i cinque episodi delle storie di Elia ed Eliseo,
realizzati a Bruxelles tra il 1550 e il 1560. I soggetti raffigurati sono: Elia
che resuscita il figlio della vedova Sarepta, Il sacrificio dei profeti Baal,
Elia che predice ad Achab il castigo divino, Eliseo che raccoglie il mantello
di Elia rapito in celo ed Eliseo che rifiuta i doni di Naaman. Sulla parete
d'ingresso della Sala sono disposti due arazzi bruxellesi della metà del XVII
secolo, realizzati da Gillam Van Cortenberg, che raffigurano due episodi della
storia di Noè: L'apparizione del Signore a Noè e L'imbarco degli animali
sull'arca.
La
visita alla sala si completa con l'esame delle sculture, suddivise in tre
nuclei espositivi, di diversa datazione. In questi ritratti si possono
identificare Vespasiano, Marco Aurelio giovane, Lucio Vero e Giordano.
All'estremità della parete che divide la Sala del Gonfalone dalla sala delle
Asse, si può ammirare una statua a tutto tondo della seconda metà del XVI
secolo, raffigurante Adamo sorpreso nudo ed appoggiato ad un tronco. Nell'opera
si riconosce la mano del fiorentino Stoldo Lorenzi, scultore di formazione
manierista, vicino soprattutto ai modi del Giambologna, nell'eleganza slanciata
delle figure e nella ricerca della naturalezza delle pose. Il soffitto della
sala è ornato da ramoscelli con fiori e frutti e coronato al centro dallo
stemma dei reali di Spagna.
Sala VIII o sala delle Asse – La decorazione leonardesca.
La
decorazione pittorica della sala si deve alla committenza di Ludovico il Moro
che aprì la sua corte a molti fra i maggiori pittori, architetti e letterati
dell'epoca; primo fra tutti: Leonardo da Vinci. Leonardo da Vinci fu l'artefice
della decorazione della volta e, originariamente, anche delle pareti della Sala
delle Asse. Gli intrecci vegetali che decorano la volta della sala furono
scoperti soltanto alla fine dell'Ottocento: venne, infatti, rimosso da una
delle pareti il pesante strato di scialbatura che imbiancava tutta la sala
rivelando con una straordinaria scoperta l'originaria decorazione. Il recupero
della decorazione pittorica, diretto da Luca Beltrami, si rivelò un intervento
quasi spregiudicato per l'interpretazione dell'originario progetto leonardiano
e per le eccessive integrazioni pittoriche del restauratore: furono ignorate e
occultate da un rivestimento ligneo le decorazioni a monocromo su una parete
della sala, oggi riconosciute come parte dell'originale progetto decorativo e
credute invece da Beltrami molto posteriori all'opera di Leonardo, e fu
cancellata l'epigrafe celebrativa del XVI secolo, aggiunta durante il breve
dominio francese, e sostituita con la scritta commemorativa del recupero del
dipinto. Nel 1954 ci furono nuovi lavori di restauro. Rimuovendo le asse lignee
del Beltrami, furono recuperati i lacerti di una prima stesura monocroma lungo
le pareti della sala e la decorazione della volta fu alleggerita dai pesanti
interventi pittorici del Novecento. Tornarono alla luce l'ormai logora
decorazione della volta a intreccio e le raffigurazioni di tronchi, radici e
rocce sulle pareti.
Cimentandosi
nelle decorazioni della Sala delle Asse, Leonardo dovette basarsi su un
programma iconografico ben preciso, forse suggerito o semplicemente ispirato
dal committente dell'opera. Le rocce stratificate entro cui s'innestano radici
nodose sono il punto di partenza per una composizione organica e unitaria, che,
innalzandosi da terra, si sprigiona con forza lungo i tronchi degli alberi che
sostengono le fronde intrecciate della volta, descrivendo un grandioso poema
naturalistico. Se si valutano l'ambizioso programma politico e culturale di
Ludovico il Moro e la personalità artistica di Leonardo, non ci si può
accontentare di interpretare la Sala delle Asse come una semplice celebrazione
naturalistica. Oltre alle caratteristiche esteriori degli alberi rappresentati
(gelsi dalle smisurate radici, tronco colossale, foglia cruciforme e frutti
rosso violaceo) anche quelle simboliche sembrano suggerire una relazione con il
duca di Milano: il moro o gelso era sin dall'antichità simbolo di saggezza e di
prudenza, allusione forse della politica di Ludovico. Gli ameni intrecci
vegetali che originariamente dovevano essere sostenuti da robusti tronchi,
potrebbero essere in realtà una celebrazione al duca di Milano, colonna e
sostegno dello Stato Sforzesco.
Sala XI o sala dei Ducali – Scultura lombarda tra gotico e rinascimento.
La
Sala dei Ducali trae la sua denominazione dalle decorazioni raffiguranti gli
stemmi ducali. In questa sala si possono ammirare sculture risalenti alla prima
metà del Quattrocento. Il periodo è caratterizzato dall'apertura del cantiere
del Duomo di Milano, che implicò una serie di sollecitazioni che aprirono la
situazione culturale milanese ad influssi toscani, veneti e transalpini. Tutto
questo si coglie nella stupenda serie di capitelli del Palazzo Castiglioni di
Castiglione Olona, il quale predilige forme improntate a una maggiore resa
plastica che si identifica nell'impiego di volumi tondeggianti e pieni. Alla
serie di frammenti castiglionesi fanno da contrappunto, lungo la parete opposta
della sala, quattro Angeli reggi torcia, provenienti dalla Ca' Granda di
Milano, l'antico Ospedale dei Poveri, oggi sede dell'Università degli Studi.
Questi angeli risalgono al 1465, anno nel quale venne chiamato Francesco Solari
a capo della Fabbrica dell'Ospedale. Il gusto tipicamente lombardo della
scultura della seconda metà del Quattrocento è attestato da una lastra con
Madonna e una Devota, dalle due terrecotte con la Pietà e la Deposizione nel
Sepolcro e dalla terracotta policroma raffigurante un Priore certosino
presentato da una Santa alla Vergine. Questo rilievo gravita nell'ambito
stilistico di Giovanni Antonio Amadeo, personalità artistica di alto livello,
al quale si deve il merito di aver adeguato le forme del Rinascimento toscano
alla più squisita tradizione lombarda.
Alcuni
frammenti appartenenti alle Raccolte di Arte Antica del Castello esposti in
questa sala sono riconducibili alla presenza di maestranze venete e toscane in
Lombardia nel Quattrocento. Una lastra marmorea scolpita ad altorilievo con la
figura di San Giacomo con un modello di Chiesa proveniente forse dal Duomo di
Milano e un timpano con l'Eterno Padre Benedicente rinvenuto a Cremona,
documentano l'attività di scultori e lapicidi veneti, mentre un Rilievo con la
Crocefissione, i frammenti di due terrecotte, un'anconetta con Madonna e
Bambino e due formelle con busti di Angeli ci consentono di comprendere
l'orientamento toscano della scultura intorno alla metà del XV secolo. A
Jacopino da Tradate si deve la Madonna col Bambino nella quale possiamo notare
il gusto decorativo del maestro lombardo, intento soprattutto nella ricerca di
virtuosismi calligrafici, come dimostra lo svolazzo continuo e senza posa dei
panneggi della veste della Madonna, sui quali sembra concentrarsi in modo
particolare lo sforzo dello scultore a scapito di una resa di maggiore umanità
e partecipazione emotiva dei personaggi. Ultima e singolare opera cui occorre
accennare è il bassorilievo con raffigurazione allegorica rappresentante un
episodio della vita di San Sigismondo di Borgogna, proveniente dal Tempio Malatestiano
di Rimini ed eseguito da Agostino di Duccio. Il bassorilievo rivela l'estrema
raffinatezza di quest'autore. Il prevalere del ritmo armonioso della linea con
il conseguente svuotamento di ogni sostanza plastica conferiscono alla
rappresentazione un'aerea leggerezza, sostenuta soltanto da un accentuato gusto
per il decorativo.
Sala XII o Cappella Ducale.
La
Cappella Ducale fu costruita per volere del Duca Galeazzo Maria Sforza e poi
restaurata e riportata alle originarie dimensioni dopo aver cambiato diverse
volte la sua destinazione d'uso (arrivò anche ad essere una scuderia durante il
periodo napoleonico). Nella seconda metà del Quattrocento il duca, per motivi
legati alla sicurezza, trasferì la propria dimora dal Palazzo Ducale di fianco
al Duomo, all'interno del Castello di Porta Giovia, trasformando parte della
fortezza in abitazione privata. Concluse il lavoro progettando la decorazione
di alcune sale per le quali aveva appunto suggerito un preciso programma
iconografico. Il pittore che decorò la cappella fu principalmente Bonifacio
Bembo, artista tardogotico, affiancato da altri pittori considerati minori a
causa della scarsa attenzione dei critici d'arte. Ciò che programmò il duca per
la Cappella fu la raffigurazione della Resurrezione di Cristo sulla volta
centrale: stemmi, emblemi sforzeschi e l'Annunciazione nelle lunette
sottostanti. Nel centro su fondo azzurro, è raffigurata la figura di Dio Padre
circondato da schiere di Cherubini e Arcangeli, mentre il Cristo Risorto è
vittorioso in una mandorla dorata circondata da schiere angeliche.
Davanti
a un prezioso drappo è posta una Mensola della fine del XV secolo che regge la
statua della Madonna col Bambino, scultura acquistata dal Comune nel 1950. La
statua risale alla seconda metà del Quattrocento e presenta forti legami alla
scultura lombarda del Trecento. Non si può determinare con certezza la
produzione a un determinato artista, anche se è probabile che sia stata
realizzata da Jacopino da Tradate, a causa dei forti segni che richiamano la sua
corrente fredda. Il forte contrasto tra la corrente tardogotica e quella
rinascimentale si nota principalmente nel confronto fra la statua della Madonna
e il peduccio sottostante: diversi particolari fanno infatti pensare che la
paternità delle opere sia attribuibile a due artisti diversi. Esposti nella
Cappella sono anche due angeli musicanti attribuibili, ma non con certezza, a
Giovanni Antonio Amadeo. Infine è esposta anche la Madonna col Coazzone (una
lunga treccia dell'acconciatura) proveniente dalla Fabbrica del Duomo di Milano
e generalmente attribuita a Pietro Antonio Solari.
Sala XIII o sala delle Colombine – La scultura lombarda della
seconda metà del Quattrocento.
Questa
sala, ora debita ad accogliere alcune tra le migliori opere scultoree della
seconda metà del Quattrocento, faceva parte dell'appartamento privato ducale e
deve il suo nome alla decorazione della volta che rappresenta una colombina su
un sole raggiante disegnata su uno fondo purpureo e che riporta il motto a bon
droit ovvero "a buon diritto". Nel XV secolo avviene una rinascita
della produzione artistica lombarda grazie anche alle grandi fabbriche, quali
il duomo, e maestri tra cui troviamo Giovanni Antonio Amadeo. Esempio mirabile
di questa scultura sono le statuette allusive al Sacramento della Penitenza
raffiguranti angeli con strumenti della Passione, le quali ne mostrano una
visione più completa ed espressiva. Le tre sculture precedenti e il tondo con
il presepio erano parte de l'Arca dei Martiri Persiani la quale fu commissionata
a Giovanni Antonio Piatti ma fu conclusa da Giovanni Antonio Amadeo. Maestri
degni di nota sono anche Cristoforo e Antonio Mantegazza di cui sono presenti
nella sala due figure di apostoli genuflessi, il frammento di presepio
raffigurante due pastori, i due angeli e i due frammenti a rilievo con figure
di angeli, sculture ancora di base gotiche. La vasta attività di Amedeo
influenzata anche da questi artisti e della sua bottega ebbe numerosi seguiti e
ispirazioni, originando numerose opere oggi conosciute come Maniera
dell'Amedeo, tra cui nella sala è possibile osservare due Formelle con l'Angelo
e la Vergine Annunziata e l'altorilievo con la Pietà. Altre opere importanti
per questo periodo sono le due Madonna con Bambino e Madonna con Bambino e due
santi.
Sala XIV o sala Verde – La scultura tra Quattro e Cinquecento e
l'Armeria.
Galeazzo
Maria Sforza commissionò gli affreschi della sala nel 1469. Un portale della
metà del Quattrocento e proveniente da un palazzo di corso Magenta dà l'accesso
alla sala. La struttura del portale è costituita da due pilastri laterali che
si concludono in capitelli che sorreggono l'architrave, inoltre tutti i lati
del portale sono decorati con motivi di derivazione classica. L'architrave è
decorato da sette putti danzanti che reggono sulle spalle un nastro, a cui sono
legate ghirlande di frutta e di foglie; nella faccia inferiore è visibile il
monogramma di Cristo. Un repertorio di gusto classico si osserva nei due fregi
in terracotta databili all'inizio del XVI secolo. Elemento di spicco è il
Portale del palazzo del Banco Mediceo che ornava l'ingresso principale del
palazzo Medici. Dopo aver oltrepassato il Portale sulla destra sono collocati i
resti dell'originaria decorazione marmorea della facciata di Santa Maria presso
San Satiro. Si tratta di quattro lastre rettangolari in marmo raffiguranti due
Sibille, la Creazione di Adamo e la Creazione di Eva, racchiuse entro tondi
centrali che rivestivano lo zoccolo inferiore della facciata. Nella sala si
trova il Pulpito del refettorio del Convento di San Pietro in Gessate, datato
intorno alla fine del Quattrocento. Il pulpito presenta una struttura a lesene
e candelabri ornati con delfini e cornucopie. La serie di portali, per cui
questo ambiente è denominato anche Sala dei Portali, prosegue con il portale di
Palazzo Bentivoglio, accesso principale dell'edificio che si trovava in piazza
San Giovanni in Conca. Questa porta di chiara impronta manierista, è costituita
da un arco a tutto sesto inquadrato in un cornicione sorretto da due pilastri
lisci e reca una targa nella quale lo stemma è ormai illeggibile.
Anche
l'armeria occupa un posto di rilievo nella sala, che caratterizza questo
ambiente con la presentazione di armature, armi bianche e armi da fuoco,
secondo un percorso storico e didattico. Il percorso è strutturato in quattro
settori: il primo è dedicato alle armi del Quattrocento, il secondo a quelle
del Cinquecento, il terzo a quelle del Seicento e l'ultimo alle armi del XVIII
secolo e XIX secolo. Durante la seconda guerra mondiale la collezione subì un
bombardamento e per salvarla dall'incendio fu trasportata nei magazzini. Si
resero così necessari nel dopoguerra ampi interventi di restauro delle armi, in
vista del nuovo allestimento (1956).
Sala XV o sala degli Scarlioni – Il classicismo lombardo dei primi
decenni del Cinquecento.
La
Sala degli Scarlioni era il luogo nel quale il duca riceveva e deve il suo nome
alle decorazioni bianche e rosse zigzagate. Il tema della sala è il Manierismo
a Milano di inizio Cinquecento, di cui sono un esempio la lastra decorativa
dell'edicola Tarchetta del Duomo di Milano, il Trittico con la figurazione
della Pietà, inizialmente utilizzato come architrave di un portale, poi unito
alla costruzione dell'altare e infine tolto da questo per essere esposto in
museo a fine Ottocento. Scultori del Manierismo milanese sono ad esempio Andrea
Fusina di cui è esposto nella Sala l'Arca del vescovo Battista Bagarotto del
1519, commissionata dallo stesso quando era ancora in vita, Tommaso Cazzaniga di
cui è stata riproposta la coppia di Pilastrini decorativi e Agostino Busti,
detto il Bambaja, autore della Lapide sepolcrale del poeta Lancino Curzio e del
Monumento funebre a Gaston de Foix, condottiero francese nipote di re Luigi
XII. Sempre al Bambaja sono state attribuite le statue della Fede e di una
Virtù non identificata che si presume facciano parte della Tomba Birago
realizzata nel 1522 per Gian Marco Birago e Zenone Birago, sepolti nella chiesa
di San Francesco Grande a Milano. Il tour all'interno di questa sala termina
con il Busto della Mora, il cui artista è anonimo, risalente a metà Cinquecento
periodo di grande crisi per gli scultori lombardi che si spostavano infatti a
Roma dove ricevono molte commissioni da parte dei papi. Il Busto della Mora
probabilmente appartenne alla famiglia Archinto, grandi collezionisti di lapidi
e sculture fin dalla metà del Seicento, delle quali rimangono però molti dubbi
sulla loro provenienza e sulle circostanze secondo le quali la collezione si è
formata. Anche il termine Mora suscita ancor oggi molte incomprensioni, essendo
un termine risalente a non prima degli inizi del nostro secolo.
Una
esperienza da consigliare per una “full immersion” nella storia di Milano e non
solo.
Museo del Castello Sforzesco
Piazza Castello
Milano
Tel. 02 8846 3700
Visitat0 il 07/05/2017
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